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Dal Messico alla Tunisia. Le scarpe dei migranti scomparsi diventano arte e denuncia

Di Riccardo Bottazzo – Imed ha un magazzino pieno di scarpe. Non sono sue. Le ha ricevute dalle madri, dai padri e dai figli dei migranti scomparsi mentre tentavano di raggiungere l’Europa. Sono le scarpe dei loro figli, dei loro padri, quelle che Imed raccoglie. Sono le scarpe dei “desaparecidos” di casa nostra.

Il termine in spagnolo non è affatto casuale. L’idea di un museo che possa parlare delle tragedie legate alla migrazione attraverso le scarpe di chi si è messo in cammino e non è mai arrivato, è venuta a Imed proprio dagli incontri con le madri del movimento Migrantes Mesoamericanos che hanno raccolto centinaia di paia di scarpe dei loro figli scomparsi e le hanno affidate ad uno scultore di Mexico City, Alfredo Lopez Casanova, che le ha trasformate in un’opera d’arte e di denuncia. L’istallazione si chiama Huellas de la Memoria, traducibile con “orme della Memoria” ed ha ottenuto un grande successo sia nelle Americhe che in Europa. Qualche tempo fa, l’associazione Ya Basta Êdî Bese  era riuscita a portare l’opera a Venezia ed a esporla nel giardini di Ca’ Bembo grazie alla collaborazione degli universitari del Lisc, ed a organizzare una serie di incontri con l’artista e Ana Enamorado, storica portavoce del movimento Migrantes Mesoamericanos. 

“Parlando con Ana mi sono detto che potevamo anche noi, che non siamo artisti ma che abbiamo vissuto le stesse tragedie, raccogliere le scarpe dei nostri cari” spiega Imed Soltani. Tramite la sua associazione Terre pour tous (terra per tutti.ndr) ha raccolto decine di scarpe e le ha sistemate in una sorta di magazzino situato proprio sotto casa sua, a Tunisi, in un quartiere a pochi minuti dalla celebre Medina. Come hanno fatto Ana e Alfredo, Imed non ha raccolto scarpe ma storie. Le storie di chi cercava di migliorare la propria vita o anche solo di salvarsela, trovando però solo muri e violenza. 

Nel mar Mediterraneo come nel deserto di Sonora, i migranti sono diventati una merce da vendere e comprare, uno spauracchio per imporre politiche sempre più autoritarie ed atroci; numeri per statistiche disumane. 

“ I migranti sono sognatori – ci ricorda Imed -. Queste scarpe che vedete erano indossate da uomini e donne che immaginavano un mondo più giusto. Erano indossate da ragazze e ragazzi di cui non sappiamo più nulla ed i cui corpi non solo non sono mai stati ritrovati ma sono stati cancellati dalla memoria. Erano scarpe di uomini in cammino che ora giacciono in terra, in un’attesa disumana fatta di polvere e sogni spezzati, di feroce oblio. Per tutte e per tutti loro vogliamo verità e giustizia”. 

Di seguito alcune immagini della mostra. Per la galleria completa visitate il sito Dossier Libia dal quale è tratto l’articolo.