Campagna Dheisheh Resiste, Palestina

Una guerra totale: perchè dobbiamo continuare a parlare delle violenze in Cisgiordania

“Siamo in guerra”.
Le parole di Benjamin Netanyahu pronunciate dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre risuonano ancora oggi con tutta la loro violenza. Con il supporto delle potenze occidentali il conflitto si è allargato in Medio Oriente, già polveriera di tensioni pronta a scoppiare da un momento all’altro. A Gaza è un genocidio. Un massacro e una crisi umanitaria senza precedenti.
“Siamo in guerra”, dice Netanyahu. Parole pronunciate sin dall’inizio con la consapevolezza che il campo di battaglia sarebbe stato ben più esteso della sola Striscia di Gaza: dal fiume al mare.

All’inizio del 2023, le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2022 “come l’anno più letale per i palestinesi della Cisgiordania”. In un solo anno sono stati uccisi 209 palestinesi, tra cui 16 donne e 53 bambini. Prima del 7 ottobre l’esercito aveva già ucciso 205 palestinesi in Westbank. Ma sono bastati le prime settimane dall’inizio dell’operazione “Sword of Iron” per superare abbondantemente il triste primato.

Dal 7 ottobre 2023 dal 21 gennaio 2024, 369 palestinesi sono stati uccisi tra Cisgiordania e Gerusalemme. L’esercito israeliano ha ferito oltre 4.212 civili, compresi 637 bambini. I campi profughi risultano essere i più colpiti dall’offensiva. Da sempre spina nel fianco dell’occupazione israeliana, al tempo stesso i campi si dimostrano fortemente avversi alla corrotta Autorità palestinese, accusata di collaborare con il governo di Tel Aviv per mettere in atto arresti politici e contrastare le diverse forme di resistenza popolare.

Accanto alle irruzioni quotidiane, l’esercito israeliano ha iniziato a bombardare diverse zone della West Bank, compresi edifici civili e luoghi di culto. I bulldozer demoliscono abitazioni e le strade dei campi, messi sotto assedio e sotto sorveglianza aerea continua. Non a caso, il campo profughi di Jenin è stato soprannominato dai media “the little Gaza” .

Nelle carceri israeliane si trovano al momento più di 7000 prigioniere e prigionieri politici, detenuti in condizioni durissime e spesso sottoposti a tortura. L’esercito israeliano colpisce in maniera scientifica collettivi studenteschi, organizzazioni di volontariato, enti benefici con l’obiettivo di reprimere ogni forma associativa e impedire l’accesso ai servizi alle fasce più deboli della popolazione. Il 20 dicembre i militari israeliani fanno irruzione all’interno del Freedom Theatre di Jenin, arrestano i direttori e vandalizzano la struttura.

La notte del 17 gennaio 2024 l’esercito israeliano compie l’ennesima irruzione all’interno del campo profughi di Dheisheh, alle porte di Betlemme, per arrestare Khaled Seifi, il direttore del Centro Culturale Ibdaa, una storica organizzazione laica e indipendente che da decenni si occupa del sostegno delle famiglie di tutto il campo.

Nonostante le difficoltà strutturali, il campo di Dheisheh, si è sempre caratterizzato con una società civile molto attiva e per la sua diversità politica e culturale. Dalla fine degli anni ’70 numerose organizzazioni comunitarie e comitati giovanili si sono organizzati al suo interno, nonostante la feroce repressione delle forze militari di occupazione che in questo momento ha raggiunto livelli senza precedenti, mettendo in seria difficoltà l’intera popolazione. Accanto ai continui attacchi dell’esercito, la chiusura dei check point impedisce agli abitanti di lavorare. La disoccupazione del campo ha raggiunto il tasso dell’80%. È sempre più difficile avere accesso alle cure per i malati e soddisfare i bisogni di base, anche per la sospensione dei programmi umanitari internazionali da cui il campo è sempre stato fortemente dipendente.

Per fare fronte a questa nuova crisi, assieme alle organizzazioni di Dheisheh, in sinergia con il Comitato Popolare di gestione del campo, abbiamo deciso di lanciare il progetto “Dheisheh Resiste”. La priorità attuale sarà di garantire l’accesso a cibo, prodotti igienici e medicine, che sono diventati sempre più costosi e difficili da ottenere a causa delle restrizioni di movimento e delle difficoltà economiche. Mentre chiediamo a gran voce il cessate il fuoco incondizionato e l’accesso ai rifornimenti umanitari a Gaza, continuiamo a supportare le organizzazioni popolari palestinesi per garantire beni di prima necessità ai residenti più vulnerabili, curare i malati e i feriti delle incursioni israeliane, supportare le famiglie dei prigionieri politici.

Una campagna dalle persone alle persone, contro l’occupazione israeliana, per l’autodeterminazione palestinese.

Sostieni il crowdfunding della campagna DHEISHEH RESISTE. Dona ora su PRODUZIONI DAL BASSO: https://sostieni.link/35244

Saremo presenti in molti spazi sociali per raccontare della straordinaria resistenza del campo di Dheisheh e raccogliere fondi per supportare i progetti di emergenza delle organizzazioni popolari. Segui i canali di Ya Basta! Êdî Bese! e trova l’evento più vicino. Vuoi organizzare una presentazione? Scrivici a dheishehproject@gmail.com

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