Messico

“Un viaggio lungo i confini” a Sherwood 2016

Nel dibattito “Un viaggio lungo i confini”, organizzato martedì 5 luglio dall’Associazione Ya Basta! Êdî Bese presso lo spazio Sherwood Books & Media, si è messa a tema da un lato la violenza del regime dei confini in Messico, dall’altro solidarietà ed accoglienza che si sviluppano attorno a questo fenomeno.

Camilla Camilli, attivista di Ya Basta! Êdî Bese, ha raccontato la propria esperienza di volontariato presso la Casa de los hermanos en caminos, struttura di accoglienza per migranti che si trova a Ciudad Ixpetec, nello Stato di Oaxaca. Il Messico è sempre stato un Paese di immigrazione, attraversato dal flusso migratorio proveniente dal centro America. I motivi che spingono moltissime persone a partire sono la povertà, l’incertezza di un futuro, la violenza, da parte della criminalità organizzata e dello Stato. Negli ultimi anni, complice la crisi economica, si è assistito ad un cambiamento nella composizione nei flussi migratori: prima erano per lo più uomini in età lavorativa, ora anche donne, adolescenti o famiglie intere.  Le rotte migratorie seguono la linea del treno denominato “la Bestia”, un treno-merci che parte da Centro America ed arriva in Messico, e che è il mezzo più economico per arrivare verso gli Stati Uniti. Nel luglio 2014 è entrato in vigore Plan Frontera Sur. Sulla carta vuole migliorare le condizioni dei migranti, ma nella pratica si traduce con l’aumento della violenza e delle detenzioni e non dà alcuna alternativa ai migranti. Questi si sono allontanati dalle rotte principali ed anche da alcuni centri d’accoglienza che erano stati costruiti su queste rotte. Il governo messicano ha agito in questo senso su pressioni del governo statunitense, con l’obiettivo di spostare sempre più a Sud la frontiera tra Messico e Usa. Questo passaggio si inserisce in una gestione complessiva delle politiche migratorie, sia negli Usa che nel Messico, che dopo l’11 settembre sono diventate sempre più restrittive.

Un altro volto migrazioni è la rete solidarietà ed accoglienza. Esiste una parte della società civile che, in maniera del tutto indipendente, ha deciso di organizzarsi per fare accoglienza. Si è sviluppata in Messico una rete di alberghes, una cinquantina di strutture che cooperano tra di loro per dare assistenza primaria ai migranti.  Una parte del lavoro dei volontari, sia messicani che internazionali, è quello di regolarizzare quanti più migranti possibile. Attorno a queste strutture si dispongono una serie di ong che forniscono vari servizi di supporto. Una delle figure chiave di questa rete Padre Alejandro Solalinde, diventato punto di riferimento in Messico per i diritti dei migranti, che ha fondato il centro di Ixpetec. Questo tipo di accoglienza smaschera la collusione tra Stato e criminalità organizzata e per questa ragione riceve costantemente minacce e criminalizzazione.

Federico Mastrogiovanni, giornalista indipendente che vive in Messico è salito due volte sulla Bestia per documentare le violenze, sia da parte della polizia federale sia da parte di altri gruppi criminali organizzati. In Messico esiste un grosso business legato all’immigrazione, che ha diversi attori. Tutto ciò che ruota attorno al passaggio dei migranti è fonte di guadagno (mangiare, bere, dormire, trasferire soldi, ma anche affari illeciti come sequestri di persona, prostituzione, lavoro forzato: tutte queste cose rientrano in un’economia informale basata sulla migrazione). «I migranti come maiale, del quale non si butta via niente».

Tutto questo è legato al modo in cui si evolve il mercato del lavoro statunitense. La riduzione dei diritti e l’annientamento umano sono fattori che si legano alla possibilità di sfruttare meglio i migranti. L’ingresso dei migranti negli Usa è subordinato alla fase economica di questo Paese ed in particolare al fatto che l’economia più potente del mondo ha costantemente bisogno di forza lavoro “ usa e getta”.

Gianfranco Crua ha raccontato l’esperienza di Carovane Migranti, sia in Messico che in Italia. Nel Paese centroamericano ogni anno, per 20 giorni, le famiglie di migranti desaparecidos vanno in cerca dei loro cari sui luoghi delle rotte migratorie. Lo Stato è nemico giurato di tutti i soggetti che fanno solidarietà e monitoraggio. La stessa cosa, sebbene in forme diverse, accade in Italia, dove diventano illegali tutte le persone che cercano di aiutare chi è in difficoltà. Le carovane migranti che hanno girato l’Italia si sono confrontate con gli stessi problemi che ci sono in Messico. L’Italia non è totalmente sotto il controllo della criminalità, ma ci sono alcune zone dove questo accade. Non siamo ancora alla sparizione forzata, ma siamo di fronte all’annullamento delle persone e delle lotte. Un esempio è la situazione di Vittoria in Sicilia, dove c’è una vera e propria messicanizzazione del territorio. Famiglie tunisine ed algerine sostengono che i loro figli sono sbarcati in Italia, ma sono introvabili. «Costruiamo scambi tra persone che lavorano su questo tema, perché ciò che accade tra Messico e Usa sta accadendo anche in Europa».