Messico

Three amigos: vertice tra Peña Nieto, Obama e Trudeau

di Camilla Camilli

 

In questi giorni imperversano sui social fotografie di Enrique Peña Nieto in visita in Canada. Dai selfie dei due presidenti, Barack Obama e Justin Trudeau, che lasciano in disparte il povero Peña Nieto, durante il Vertice dei Leader dell’America del Nord; alle corse mattutine con il premier canadese.

Peña Nieto lascia per alcuni giorni un paese scosso dalle mobilitazioni degli insegnanti della CNTE che chiedono a gran voce di rivedere la riforma educativa. Dal lontano Canada il presidente chiude ogni possibilità di dialogo dichiarando che “la riforma non si negozierà” mandando così in fumo ore di trattative che hanno visto scontrarsi, nella giornata di martedì 28, le posizioni del governo e quelle dei maestri, i quali promettono nuove mobilitazioni.

Dopo un incontro con Philippe Couilliard, premier della provincia del Quebec, e alcuni impresari della regione, Peña Nieto ha raggiunto Justin Trudeau a Toronto, dove i temi toccati dai due sono stati molti: il cambiamento climatico, la sicurezza, le collaborazioni in materia energetica, gli scambi educativi. Nel tragitto lo hanno accompagnato le proteste dei canadesi e dei messicani lì residenti in solidarietà ai maestri della CNTE e agli studenti di Ayotzinapa a riprova della fama di assassino che Peña Nieto si porta con se .

È stata l’occasione per Trudeau di mantenere una delle promesse fatte in campagna elettorale, ovvero eliminare il permesso richiesto ai messicani che volevano entrare in Canada e che era stato voluto dopo l’incremento delle richieste di rifugio nel 2009. Ora verranno invece facilitati i passaggi da un paese all’altro, non più solo di merci. È paradossale vedere come il Messico si prodighi tanto per i propri connazionali emigrati in Canada o negli Usa, spesso rinchiusi nelle maquilladoras o costretti a condizioni di vita aberranti, quando nella pratica non mette in campo nessun aiuto per tutelare le migliaia di migranti centroamericani che ogni anno attraversano il suo sterminato territorio in cerca di un futuro migliore lontano da povertà e violenza.

C’è da ricordare che gli accordi tra Messico e Canada, così come tra Messico e Stati Uniti, sono aumentati e sono stati facilitati in seguito all’applicazione del North American Free Trade Agreement nel 1994 e, successivamente, con il TPP, il Trans-Pacific Partnership nel 2015.

Per quanto riguarda i trattati in materia energetica discussi in questi giorni si continua sulla scia dell’estrattivismo neoliberale, con il saccheggio dei territori e il dislocamento, spesso violento, di intere popolazioni che tanto piace al PRI come ai governi liberali canadesi e statunitensi, paladini dei diritti ma allo stesso tempo complici delle mattanze in suolo messicano. La ricchezza del territorio messicano fa gola agli imprenditori nordamericani, pronti a stringere patti col diavolo e a voltare le spalle in caso di disastri ambientali.                     Nei patti dei los de arriba di certo non rientrano le opinioni degli indigeni e degli attivisti che si battono per la salvaguardia di questi territori.

Prima del suo arrivo in Canada Peña Nieto era stato preceduto dalle critiche che lo accusavano di essere un criminale e un assassino e che chiedevano dure sanzioni nei suoi confronti. La stessa Amnesty International canadese lo ha accusato di essere a conoscenza delle torture commesse dalle sue autorità – ultima in ordine di tempo quelle commesse contro le donne nelle carceri messicane – e di non fare nulla a riguardo. La stessa Amnesty International ha accompagnato una delegazione di attiviste messicane – Nobel Women’s Initiative – che si occupano di vittime di tortura e sparizioni e che a Ottawa ha incontrato alcuni membri del parlamento e la società civile.

Come si è visto, però, gli accordi commerciali ed economici sono riusciti ancora una volta a sovrastare le richieste di giustizia di coloro che dal basso continueranno a lottare per la libertà delle loro vite e dei loro territori. E sta anche a noi non lasciarli soli in questa lotta. Sta a noi contestare la presenza di presidenti e funzionari dalle mani sporche di sangue che nei nostri territori vengono a parlare di democrazia e libertà.