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Tovarnik – l’esasperazione di un viaggio infinito

Un altro contributo dalla steffetta #overthefortress.  Tovarnik – 20 settembre
La mattina presto ritorniamo al campo di Tovarnik. Nella notte i dubbi suscitati da quanto avevamo visto ieri non si sono diradati, pertanto è stata nostra intenzione quella di verificare qual era la situazione e se nel corso della giornata sarebbe proseguito il trasferimento delle persone tramite i pullman e i treni.

Il clima è decisamente diverso da ieri: già dalla notte il bel tempo degli ultimi giorni ha lasciato il posto a freddo e pioggia e anche l’atmosfera del campo era appesantita dalla scelta da parte delle istituzioni croate di creare due zone separate, due nuclei di smistamento non comunicanti fra loro e da cui le persone non potevano spostarsi. Oltre al maltempo, la fatica e l’esasperazione dovuta ad un’altra notte all’addiaccio sono visibili nei volti delle persone. Né il governo né le “grandi” organizzazioni non governative hanno pensato di allestire delle tensostrutture per fornire riparo; le uniche tende presenti, purtroppo insufficienti, sono state procurate dai volontari e dalla rete di solidarietà che è aumentata col passare delle ore.

Nella prima zona, dove era stato allestito il campo con cucine e tendoni attrezzati, si è ricreata, in continuità con ieri, una situazione di file lunghe e ordinate, gestite in sinergia tra volontari e migranti, in attesa di salire sui pullman che arrivavano ininterrottamente caricando nell’arco della giornata circa un migliaio di persone. Solamente in alcuni brevi momenti ci sono state resse immediatamente riportate alla calma.

Nella seconda zona, circoscritta alla stazione dei treni, la situazione, come ci si poteva aspettare, è diventata in poco tempo tesa e di difficile gestione. All’arrivo del primo treno i binari erano affollati di persone a perdita d’occhio. Immediatamente tutti hanno percepito il fatto che un treno solo non sarebbe bastato a contenerli tutti e, anche oggi, nessuna autorità ha fornito informazioni sull’arrivo o meno di altri convogli. Complici la notte passata sui binari, la pioggia e il freddo, la scelta condivisa di far passare prima famiglie e i bambini è durata poco: appena il treno si è fermato la folla si è immediatamente riversata verso gli ingressi dei vagoni. In quel momento si è creata una ressa che la polizia, posta a gestire gli ingressi, ha faticato a trattenere. Da quel momento è stato il caos: famiglie travolte e separate, bambini issati di peso sui vagoni senza i genitori e successivamente fatti scendere attraverso i finestrini, altri strappati dalle madri nella foga, poliziotti che hanno minacciato di utilizzare spray urticante sulle persone in prima fila. Nel tentativo di allontanarle dall’ingresso dei vagoni la polizia ha spinto con forza costringendole ad indietreggiare, mentre da parte opposta altri hanno continuato a spingere in direzione del treno; nel mezzo sono rimaste intrappolati numerosi bambini e anziani che attendevano seduti sui binari. Una bambina travolta è stata portata via d’urgenza dall’ambulanza e diverse persone hanno riportato contusioni.

Ad un certo punto un nutrito gruppo di migranti ha raggirato il cordone della polizia e si è fiondato sul vagone di coda, arrampicandosi e lanciandosi attraverso i finestrini. Solo la partenza improvvisa del treno ha riportato la calma.

Nel pomeriggio si sono ripetute le stesse dinamiche della mattina ma, mentre la zona del campo si era ormai svuotata, in stazione ancora molte persone sono rimaste bloccate dietro cordoni di polizia e transenne, aspettando un modo per partire. Come da copione nessuno ha comunicato né l’eventuale arrivo di un altro treno né se sarebbero state adottate altre soluzioni per farli partire. A metà pomeriggio sono stati disposti alcuni pullman e si è ricreata una ressa nei pressi della via d’uscita dall’area. Il numero dei pullman si è dimostrato nuovamente insufficiente. Nel frattempo i numerosi volontari si sono adoperati per allestire dei ripari, somministrare coperte termiche e generi di prima necessità. Il loro lavoro non si è limitato a questo ma in più occasioni hanno mediato tra le persone e la polizia, avvisando il personale medico delle numerose donne in gravidanza o con bambini di pochi mesi o di chi aveva avuto malori dovuti alla ressa. La tensione è andata scemando con l’avvicinarsi della sera e con l’arrivo di altri pullman. Le persone rimaste hanno iniziato a desistere e a prepararsi ad affrontare l’ennesima notte all’addiaccio.

Situazioni come quella di oggi e come quelle cui abbiamo assistito nei giorni scorsi erano ampiamente prevedibili: i governi e le istituzioni europee sono informate da mesi del fatto che la rotta balcanica è percorsa da un numero sempre maggiore di migranti e numerosi sono stati gli appelli e le segnalazioni delle associazioni della società civile. Tuttavia nulla è stato fatto e predisposto, riducendo il tutto ad una risposta emergenziale e scomposta. A maggior ragione l’apertura di canali umanitari non solo serve a salvare delle vite (nel momento in cui scriviamo apprendiamo dell’ennesimo naufragio tra Turchia e Grecia) ma anche a permettere che scene drammatiche di questo genere non si ripetano e non diventino una costante delle vite di chi fugge da guerre e povertà.

tratto da Globalproject.info

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