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Libertà per le prigioniere politiche mapuche

Gli argentini hanno consapevolezza del terrorismo di stato dal 1976, il popolo mapuche da 500 anni, attuato mediante prevaricazioni dirette o indirette, genocidio, annichilimento, negazionismo.

Gli abusi e violenze di stato nei confronti dei nativi mapuche in Patagonia sono all’ordine del giorno. Rendiamo noto ora quello rivolto a quattro donne private della libertà: Betiana Colhuan Nahuel, Luciana Jaramillo, Romina Rosas e Celeste Huenumil Ardaiz, della comunità Lof Lafken Winkul Mapu.  

Betiana è una machi, un riferimento per le comunità mapuche, con il ruolo di guida spirituale e come ‘donna medicina’, che cura e guarisce con metodi tradizionali, attraverso un’approfondita conoscenza dell’utilizzo delle erbe medicinali tramandata per generazioni.

Sono state imprigionate al momento dello sgombero della loro comunità, mentre lottavano per ottenere il riconoscimento delle terre ancestrali, nei pressi di Villa Mascardi, provincia di Rio Negro. A causa della presenza dei figli minori sono stati concessi gli arresti domiciliari, ma la casa dove vivevano non esiste più, distrutta durante il violento sgombero del territorio occupato dalla comunità. Per non portare in carcere cittadino anche i bambini  piccoli a seguito,  sono state costrette a eleggere un domicilio di fortuna, in una vecchia casa diroccata.

Sono li da 8 mesi con bambini piccoli fra i quali l’ultimo nato sette mesi fa, in cattività, in balia delle intemperie dell’inverno Patagonico con una stufa di fortuna che a volte funziona a volte no.

L’accusa è di occupazione illecita di territorio a Villa Mascardi, tradizionalmente sacro ai mapuche. Denunce formulate dall’ente Parco Nazionale nel 2017 e dalla curia nel 2022 e per le quali non c’è stato ancora alcun dibattimento o sentenza. Un’accusa, tutta da dimostrare, che normalmente non prevede l’incarcerazione preventiva, pertanto risulta evidente l’utilizzo ai fini politici, come valore di scambio in un tavolo di dialogo con lo stato, auspicato dalle comunità mapuche, che però, dopo un primo incontro in febbraio, è stato più volte unilateralmente rimandato da parte dello stato.

La colpa di cui si sono macchiate queste donne è di far parte di una comunità in processo di recupero territoriale, previsto dalla costituzione e da leggi nazionali, mettendo in discussione i progetti di  speculazione immobiliare e gli interessi degli investitori del settore turistico agiti con la connivenza di settori dell’amministrazione pubblica.

Libertà immediata per le donne i bambini e le bambine tenuti prigionieri.

 

Comunicato del trawun mapuche. San Carlos de Bariloche 23/05/2023