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Dietro l’incendio si celano interessi economici; chiaramente sono nemici della vita

Mauro Millán è lonko del lof Pillan Mawiza, situato nella località di Corcovado provincia del Chubut, e attivista per i diritti del popolo mapuche.
Dialogando con i giornalisti di “El Extremo Sur”, Millán chiarisce le strategie di uno stato capitalista che espropria e perpetra le vecchie pratiche di oppressione contro i popoli originari.
L’incendio che ha distrutto interi ettari di bosco tra Chubut e Rio negro è il nuovo pretesto della campagna “antimapuche”.

Attualmente, la comunità è accusata dal settore politico più conservatore di aver generato il catastrofico incendio che ha distrutto più di 200 case nella regione andina.

I dirigenti del PRO e le autorità locali, quali l’ex sindaco di El Hoyo, Mario Breide, e l’ex capo dei pompieri di El Bolsòn, Juan Carlos Martìnez, danno la responsabilità al gruppo RAM [Resistencia Ancestral Mapuche, ndr] di aver dato origine al disastro, definendolo gruppo “terrorista”.

Per Millán non è la prima volta che lo accusano ingiustamente. Nel settembre 2020 ha affrontato un processo per “appropriazione indebita”, per  aver affiancato una comunità nella difesa delle sue terre ancestrali.

La concezione moderna della proprietà privata si scontra con la cosmovisione mapuche, nella quale il territorio non rappresenta solo i ritmi di vita e la dimora delle comunità, ma appartiene anche alle famiglie per diritto ancestrale. Tuttavia lo Stato – fondato sull’espropriazione  delle terre indigene – si è appropriato con la forza di un territorio che oggi pretende essere di sua proprietà. “Sappiamo che per molti anni c’è stata un’espropriazione sistematica alla quale presero parte persone che ancora oggi sono depredatori del territorio” dice Millán.

Questo ha generato, negli ultimi anni, quello che molti media hanno definito un “conflitto”, anche se Millán la definirebbe più una caccia, capace di modificare i propri meccanismi per continuare nel tempo: “Si lubrifica l’ingranaggio della persecuzione […] si potrebbe arrivare a un dialogo ma non a un cambiamento radicale”.  Con queste parole indica i media: “Ci sono milioni di persone disinformate, con la loro capacità di discernere schiacciata da questi supermedia, e che finiscono quindi per riprodurre quello che vedono, ascoltano, e leggono”

“Chi trae vantaggio dall’incendio?” si domanda Millán. “Qui ci sono in mezzo molti interessi economici e immobiliari, che chiaramente sono nemici della vita”

In che modo il popolo mapuche affronta la situazione degli incendi boschivi, in cui oltre alle perdite deve affrontare le accuse della classe politica?

Io mi chiedo perché questo accada. Sappiamo che per molti anni ci sono stati abusi sistematici che hanno coinvolto persone che ancora oggi sono i saccheggiatori del territorio. C’è una lunga lista di personaggi che a loro volta perpetuano il loro nome attraverso le generazioni e che oggi occupano incarichi politici o nella giustizia. Il punto è che il tessuto è così sottile e intricato che concordiamo quando si dice che le multinazionali  stanno cercando di  avanzare attraverso il territorio della Patagonia, Puel Mapu come lo chiamiamo noi, ma è anche necessario identificare coloro che agiscono in proprio, non per conto di una corporazione. È in questo groviglio che si costruisce il mito del nemico interno. Queste persone continuano ad operare approfittando di qualsiasi circostanza – come questa tragedia – e vengono ad accusarci vilmente senza alcun tipo di moralità.  Mettono in dubbio il valore che il popolo mapuche attribuisce alla natura, che è un principio fondante della nostra filosofia.

Tenendo presente questo principio fondamentale della concezione mapuche, sarebbe illogico pensare che abbiano bruciato le loro stesse terre.

Non è solo un discorso retorico: ci stiamo letteralmente lasciando la vita. Affrontiamo tutto il tempo cause giudiziarie, sono morte delle persone per questa lotta e per la salvaguardia della vita e della natura. E’ incredibile che personaggi come Pichetto, Juan Carlos Martinez – ex presidente dei pompieri de El Bolsòn – insieme ad altri funzionari, per la maggior parte appartenenti al PRO e all’estrema destra, vengano ad infangare il popolo mapuche in questo modo. Bisognerebbe fare un’indagine accurata. Ci sono molti interessi economici ed immobiliari in mezzo. La cosa più terribile, a parte le perdite economiche, sono la perdita del territorio, le perdite umane, la distruzione della biodiversità. O la negligenza statale. Sono dovute  andare le comunità mapuche a cercare i loro compagni. E’ la gente mapuche insieme alla società civile che si sta occupando di tutto ciò, e qui si nota chiaramente la disuguaglianza che esiste. Abbiamo anni di democrazia, ci sono i diritti, ma niente di tutto ciò viene applicato, e torniamo alla vecchia epoca dei privilegiati, usando la proprietà privata. Quell’epoca si ripete, si torna a riprodurre lo stesso messaggio di odio, morte e persecuzione.

Come spieghi il consenso da parte della società a questo messaggio di odio?

A questo gruppo di uomini d’affari, funzionari, giudici, pubblici ministeri, avvocati, proprietari terrieri, oggi si aggiunge la stampa. E soprattutto la stampa egemone, che informa non solo perché è ideologicamente legata, ma anche perché è coinvolta in tutto questo.

Quando vogliono inviare quel messaggio, cercano mezzi associati a questo principio ideologico di sostegno del privilegio economico e politico sopra questo territorio. Riproducono questo messaggio di odio attraverso una struttura che raggiunge milioni di persone. Quindi abbiamo milioni di persone disinformate, con la loro capacità di discernere offuscata da questi supermedia, che finiscono per riprodurre ciò che vedono, ascoltano e leggono.

In questo contesto, lo stato può dare garanzie al popolo mapuche?

C’è una realtà che è accaduta in questo paese: l’Argentina è stata all’avanguardia nel diritto indigeno, incorporandolo nei regolamenti e nella Costituzione, ma quella gamma di diritti non viene applicata. Là dovremmo prestare attenzione, perché la struttura giudiziaria è piena di giudici, avvocati e pubblici ministeri che hanno principi assolutamente razzisti, e di altri che sono partner in questi affari. È molto difficile che il popolo mapuche ottenga attraverso la giustizia una risoluzione favorevole al suo principio culturale, nel quadro del diritto ancestrale.

In questo momento sto affrontando una causa – una delle tante che ho avuto a livello federale e provinciale – per usurpazione, per aver accompagnato una comunità nel processo di recupero del territorio. E’ molto diffuso in tutta Puel Mapu: persecuzione sistematica dello Stato attraverso le istituzioni e fondamentalmente attraverso la giustizia. 

Ritieni che la giustizia giochi un ruolo fondamentale nella persecuzione del popolo mapuche? 

Questa giustizia feudale è la giustizia di coloro che da sempre ne hanno beneficiato. Lo stato si è creato attraverso l’appropriazione delle terre indigene. È molto difficile percepire qualche tipo di cambiamento in questi tempi, perché l’espropriazione vissuta dai nostri genitori, dai nostri nonni, non è cambiata, si è semplicemente evoluta. A quei tempi la premessa era la proprietà privata, oggi ci perseguitano applicando la legge antiterrorismo. Si lubrifica l’ingranaggio della persecuzione. L’apparato  giudiziario è uno degli attori principali di questa inquisizione. 

Come hai spiegato, la persecuzione continua attraverso lo Stato, nonostante il variare dei governi. Tuttavia, i governi di destra tendono a intensificare queste pratiche; come ve la siete passata, ad esempio, durante il governo di Mauricio Macri?

Non c’è dubbio che in quel governo troviamo posizioni politiche antagoniste al mondo mapuche; parlano di repressione, persecuzione, supremazia, razzismo. Non ci si può aspettare che un governo di estrema destra sia permeabile alle istanze di un popolo, non siamo in un conflitto di classe, non siamo un conflitto di poveri, siamo un popolo che come tale rivendica diritti. Ci si aspetta che un governo progressista abbia un po’ più di capacità, non chiediamo sensibilità, solo capacità di lettura politica. Tuttavia non è stato ancora possibile raggiungere alcun accordo per discutere in questi termini, cosa che sarebbe per noi e per lo Stato un patto molto importante.

In questo senso, hai fatto riferimento  più volte ai governi progressisti come “simulatori del capitalismo”.

Lo Stato è un fenomeno moderno, che nasce dal consolidamento di un’idea di capitalismo. Si può arrivare ad un certo dialogo, ma non a un cambiamento profondo. Quando spunta un governo progressista l’unica cosa che si può discutere sono questioni politiche ma non siamo ingenui. Con un funzionario progressista non posso parlare contro il capitale, è praticamente impossibile, figuriamoci con la destra. Se c’è una cosa sacra sia per i progressisti che per la destra, molto più sacra di Dio o della Vergine di Luján, è la proprietà privata. Sono chiaramente nemici della vita.

Qual è la differenza tra il concetto mapuche di territorio e la “proprietà privata” dello Stato moderno?

Lo Stato crea questa immagine di proprietà partendo dal prendere un territorio invadendolo con le armi, allo scopo di espandersi. Sarebbe un grande paradigma discuterne, quando parliamo di questo parliamo della grande massa di territorio in mano ai privati; non è la terra del vicino. E non manca il messaggio di qualcuno che ci paragona con Benetton o Lewis, “i mapuche vogliono prendersi la mia casa”. C’è qualcosa che questo sistema sta facendo bene, ed è confondere, confondere la mente delle persone. Per noi, il territorio scandisce  il ritmo della vita.

Tuttavia, a volte si percepisce nell’opinione pubblica e nei media più paura del popolo mapuche che delle multinazionali stesse.

Le grandi compagnie vengono a togliere la vita. Quando c’è un latifondo che si installa, viene meno il diritto di prendere un mate in riva ad un lago, di procurarsi l’acqua che ti offre il territorio. La cosa più spiacevole è quando cominciano ad agire con la logica estrattivista e sbarrano fiumi, inquinano. L’obiettivo delle compagnie è che le persone non vedano tutto ciò che l’estrattivismo significa per il nostro territorio, vogliono che vedano qualcos’altro, è lì che si costruisce il nemico interno. E lo Stato appare come un manager.

Qual è la tua opinione personale sull’incendio? È possibile che si sia trattato di cause accidentali o risponde a un chiaro disegno politico?

L’interpretazione che un oppositore potrebbe avere  di ciò che sta accadendo, potrebbe non essere così precisa. Dobbiamo pensare a chi trae beneficio dal fuoco. Dicono che sono stati i mapuche. Mi chiedo: come può il popolo mapuche trarne vantaggio se il suo territorio viene bruciato e la sua gente muore? Non lo dico perché mi viene in mente, ma per esperienza a livello planetario: l’estrazione mineraria è sempre in agguato quando c’è devastazione. Questo genera dubbi. D’altra parte, potrebbe essere la combinazione di diversi fattori, inclusa la negligenza  dello Stato. Sappiamo tutti che nella linea di media tensione mancano manutenzione e risorse economiche, perché le persone che lo fanno lo fanno come possono. Ci sono informazioni che fanno sorgere il sospetto che alcuni di questi incendi siano stati causati dall’esplosione di trasformatori. Può essere la tragica combinazione di diverse cose, ma ciò che genera un sacco di dubbi è il sincronismo, con un clima che era assolutamente adatto per aiutare il fuoco a diffondersi.

Se questo è accaduto in modo organizzato, stiamo parlando di qualcosa di molto perverso, e questa perversità in Argentina non sarà mai scoperta, non lo sapremo mai.

Articolo originale di Lola Sánchez
https://www.elextremosur.com/nota/29512-mauro-millan-detras-del-incendio-hay-intereses-economicos-claramente-son-enemigos-de-la-vida/

Traduzione di  Associazione Ya Basta! Êdî bese!