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Cronache contro il Terricidio 2 di Moira Millán

Dopo diversi giorni il nostro cammino ci ha condotto verso il Lof Newen Taiñ Inchin, a Costa del Lepa, provincia del Chubut, Puel willi Mapu.

I kuifikecheyem hanno voluto che ci incontrassimo a Costa del Lepa, al momento dell’eclisse. Lì ci hanno ricevuto il lonko Eusebio Antieco e la pillankushe María Luisa Huincaleo;  il loro coraggio, decisione, amore e impegno nei confronti della Mapu ci hanno riconfermato ciò che motiva il nostro popolo mapuche a lottare, malgrado il potere del winka [non mapuche ndr] si faccia sentire in tutti i modi possibili.

Loro non solo hanno recuperato la terra ma stanno anche recuperando un modo di vivere in essa, che è stato da sempre la principale eredità dei nostri antenati. Subiscono boicottaggi: per esempio Eusebio è un gran costruttore di mattoni, per poterlo fare ha bisogno di acqua, ma siccome non può ancora costruire la sua ruka [casa] sulla sponda del fiume per mancanza di fondi, vive in un’abitazione prestata vicino alla scuola. Lì alcuni vicini, legati al proprietario terriero danneggiato dal recupero, lo tormentano, gli interrompono l’approvvigionamento dell’acqua quando lo vedono lavorare e hanno attentato due volte alla sua vita. Il proprietario terriero appartiene a una nota famiglia della città di Esquel, che da sempre appartiene alla Sociedad Rural  [associazione di latifondisti ndr].

La famiglia Antieco da parte sua risiede in questa terra da più di un secolo, furono Manuel e Zenón Antieco a costruire con le loro mani la scuola della comunità, che ancora porta il loro nome.

Lo stato argentino ci ha sempre privato del nostro territorio e in altri casi ha facilitato l’usurpazione, come nel caso della terra del lof Newen Taiñ Inchiñ. Nei decenni scorsi, dopo l’avvento della democrazia, lo stato ha permesso a un mercante di nome Bestene di impossessarsi del territorio di questa comunità mapuche in modo irregolare, per poi venderlo alla famiglia Pintos.

Ogni volta che un proprietario terriero acquisisce terre in una comunità mapuche, prima di comprarle dovrebbe interrogarsi su come quelle terre siano finite nelle mani di un winka. Approfitto per scoraggiare coloro che stanno per comprare terra in Patagonia, in territori che il popolo nazione mapuche reclama, dal momento che troveranno un conflitto senza fine, perché finché il popolo mapuche vive lotterà per la giustizia e la restituzione del proprio territorio. La lotta del popolo mapuche per recuperare la nostra terra non è un capriccio, è un atto di giustizia.

Il 13 luglio 2019 sono state recuperate le terre usurpate. Da allora la lotta è stata costante, anche con episodi molto violenti durante i quali sia l’apparato giudiziario che le forze repressive hanno agito in complicità con la Sociedad Rural. Eusebio Antieco e María Luisa Huincaleo hanno dovuto sopportare due perquisizioni illegali, senza mandato del tribunale, perpetrate dal commissario Rodolfo Hess che in quel momento era a capo del commissariato di Gualjaina. In quell’occasione sono state maltrattate ed è stata fatta violenza alle donne della comunità, che hanno affrontato con dignità e coraggio le forze di polizia.

In un’altra occasione, il proprietario terriero Pinto ha messo in atto un’incursione armata insieme ai suoi sicari, che sono arrivati nel fondo del Lof accompagnati dalla polizia che ha poi lasciato la zona, permettendo che il latifondista e la sua gente bloccassero l’unica strada di accesso al lof, pronunciando insulti e aggressioni verbali mentre minacciavano con le loro armi da fuoco. Se i membri della comunità avessero risposto a una simile provocazione avrebbero incontrato la morte. In seguito hanno incendiato la proprietà della casa di Eusebio, dove era accatastato tutto il materiale per la costruzione della sua ruka, lasciando in cenere il suo sforzo.

Ci preoccupa molto e allo stesso tempo ci dà forza il coraggio della nostra lamngen pillankushe María Luisa, che è una saggia anziana del nostro popolo impegnata a rafforzare la nostra spiritualità. Tuttx noi che la conosciamo la amiamo, la rispettiamo e la ammiriamo.

Oggi il suo coraggio la mette nel mirino degli aggressori, che non esiteranno a farle del male. Percorre la distanza di chilometri che la separano dalla terra recuperata fino alla piccola casa che le hanno prestato finché non potrà costruire la sua casa. Cammina due ore per arrivare lì e occuparsi dell’orto che ha preparato, molte volte in questo sentiero solitario di faggi e neneo si è imbattuta nel nemico e ha dovuto nascondersi.

L’ultimo doloroso episodio subito è stato un nefasto attentato contro la Mapu, un incendio con cui il proprietario terriero e la sua gente hanno cercato di bruciare le coltivazioni e il frutto di tanto sacrificio che stanno portando avanti. Le necessità lì sono molte: strumenti, un veicolo per gli spostamenti e mano d’opera per terminare la piccola casa di María Luisa Huincaleo e del Lonko Eusebio Antieco.

Ce ne siamo già andate da lì, verso un’altra destinazione, ma nel scrivere questa cronaca ritornano ad abitarmi i racconti, le risate, l’amore, l’affetto ricevuti e il ricordo della mia prima esperienza di pesca con una lattina sulle sponde del fiume Lepa, sotto la protezione delle mie lamngen, sorelle, che mi hanno istruito tra scherzi, risate e soprattutto pazienza, per insegnarmi come ottenere il cibo pescando nel fiume.

In una sera di vento e vigilia di un’eclisse, che ci ha portato insegnamenti, avvertimento e forza per continuare.

Da Puelwillimapu, Trekaletuaiñ iñ küme mongeleael. Moira Millán

* riportiamo le parole del presidente della Sociedad Rural Argentina in occasione del 150 anni, a testimonianza dell’incompatibilità con i principi mapuche: “Oggi il campo è agricoltura e allevamento di precisione, è monitoraggio satellitare, è l'incorporazione dell'uso di droni per le attività rurali. Strumenti che sembravano fantascienza e che prima di chiunque altro sono stati adottati dal campo. Il campo è biotecnologia, nanotecnologia, biocombustibili”

15 dicembre 2020

Siamo arrivate a Loma Negra a 30 km dal paese Paso del Sapo, Pangui Mapu, territorio del Puma.

In cima alla montagna vive la famiglia che ci ha ospitato, il lamngen wenxu [fratello guerriero] ha il suo kupalme [origini] in questo territorio, si chiaam Huenul e vive lì con la sua compagna e sua puñendomo, figlia. Hanno preso la decisione di tornare nel territorio lasciando la città alle spalle, rispondendo all’appello dei loro antenati di recuperare la vita nella Mapu per potersi connettere con pu kuifikecheyem e pu ngen [spiriti e forze della terra], avendo compreso che è l’unico modo per garantire ai loro puñen (figlx) un’infanzia armoniosa, con aria pulita e spirito libero, senza paure. Basta vederli andare per le winkul [montagne] e si può comprendere l’importanza della lotta per abitare i territori.

Rispondere a questa chiamata non è facile, l’acqua in quelle terre è scarsa, la legna non abbonda e il freddo è intenso. Tuttavia così lottano per un auto-sostentamento che permetta loro di vivere come hanno fatto per migliaia di anni i loro antenati. Sono orticoltori determinati, la mancanza di piogge, acqua, calore non li vince, offrono il meglio di sé e la Mapu li vede, ascolta, risponde.

Percorrendo l’ampio altopiano si vede che i sentieri sono dimenticati, allo stesso modo degli abitanti. Che la presenza dello stato serve solo per l’attuazione della paura e del saccheggio. L’impoverimento è stato la strategia dello stato invasore fino ai nostri giorni. Stanchezza e disperazione hanno spinto molti abitanti a vendere le loro terre o semplicemente ad abbandonarle. Ecco perché risulta tanto facile per il governo decretare il sacrificio dell’altopiano, perché gli abitanti sono sempre stati sacrificati, trascurandoli, negando loro ogni diritto.

Le terre abbandonate sono il rifugio dei puma, sono tornati nel luogo in cui signoreggiavano prima che le pallottole e i cacciatori si moltiplicassero. I puma sono stati da sempre una guida in tempo di weychan [battaglia] per il nostro popolo, la caccia del Pangui non cessa, gli abitanti lo uccidono per proteggere la fattoria, il destino dei puma assomiglia al nostro.

La proprietà privata e l’economia della carne sono la polvere da sparo nelle armi che ci uccidono.

La famiglia Huenul, difende con amore la sua terra, si oppone alla mega-miniera, recupera il sapere che si annida nel lawen [erbe medicinali] e in ogni pianta risanatrice. Il loro territorio è una gran farmacia, loro lo sanno, è per questo che si abbracciano con tuttx le/gli altrx che come loro gridano “No alla Megaminiera in Chubut, non passeranno!”

Trekaletuaiñ iñ küme mongeleael.
Dalla Puelwillimapu Moira Millán

Chiunque voglia sostenerle questa camminata di solidarietà e le attività del Movimiento Mujeres Indigenas por el Buon Vivir potrà farlo versando al conto intestato a Moira Ivana Millán.
CBU: 0110253830025312295129 –  BANCO NACION Cuil 27-21572492-7
 
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