Messico

Ad Ayotzinapa continua la lotta contro la violenza di Stato

di Christian Peverieri

Il 26 settembre sarà il quarto anniversario della sparizione forzata dei 43 studenti della Escuela Normal Rural Raúl Isidro Burgos di Ayotzinapa. In questi giorni il Mecanismo Especial de Seguimiento (MES) della Comision Interamericana de Derechos Humanos (CIDH), ha fatto visita alla scuola, per presentare il report di quest’ultimo anno di indagini. Un report impietoso per il governo, senza alcun passo avanti e anzi ostacolando le indagini indipendenti: «Non accettiamo la narrativa del governo sul caso», ha dichiarato Esmeralda Arosemana, vicepresidente della CIDH. Jan Jarab dell’Alto Commissariato dell’ONU per i Diritti Umani ha rincarato la dose: «È preoccupante che il governo insista con una versione già ampiamente screditata dalle indagini indipendenti». La richiesta alla Procura Generale della Repubblica (PGR) è, nuovamente, quella di seguire le indicazioni del GIEI che portano all’esercito e al trasferimento di droga verso gli Stati Uniti e, soprattutto, quello di dar seguito alla sentenza del Tribunale del Tamaulipas che, alcuni mesi fa, ha ordinato alla PGR di costituire una Commissione di Verità e Giustizia che indaghi liberamente sul caso e che sia composta anche dai rappresentanti dei familiari. Commissione che però deve ancora partire perché il governo e la PGR hanno presentato diversi ricorsi per bloccarla.

Una lotta, quella dei genitori dei 43 studenti e del movimento che l’accompagna, che è divenuta un simbolo contro il regime di violenza, corruzione e impunità che regna in Messico da dodici anni. Per comprendere bene il motivo per cui questa battaglia sia divenuta un simbolo e perché dopo quattro anni siamo ancora qua a chiedere verità e giustizia per questi ragazzi e le loro famiglie, tocca ripartire da zero: cos’è la sparizione forzata? Secondo la Convenzione Internazionale per la protezione di tutte le persone dalla sparizione forzata emanata dall’ONU, è definita sparizione forzata “l’arresto, la detenzione, il sequestro o qualunque altra forma di privazione della libertà da parte di agenti dello Stato o di persone o gruppi di persone che agiscono con l’autorizzazione, il sostegno o l’acquiescenza dello Stato, a cui faccia seguito il rifiuto di riconoscere la privazione della libertà o il silenzio riguardo la sorte o il luogo in cui si trovi la persona sparita, tale da collocare tale persone al di fuori della protezione data dal diritto”.

Ora che abbiamo chiarito la base fondamentale da cui partire, andiamo pure a riascoltarci l’ultimo intervento del presidente Enrique Peña Nieto sul caso. Sintetizzo: il problema nel caso Ayotzinapa è che i genitori non accettano la “verità storica”, secondo la quale gli studenti sarebbero stati cremati nella discarica di Cocula.

Quello che Peña Nieto non dice è che la “verità storica” prodotta dalla PGR è stata smentita scientificamente dalle indagini indipendenti del GIEI, della EAAF, dell’ONU, della CIDH e dal Tribunale del Tamaulipas. Pochi giorni dopo questo discorso l’EAAF ha infatti diramato un comunicato ufficiale in cui ha ribadito che non esistono prove che avvalorano questa supposta verità storica.

Nel caso Ayotzinapa, ormai è dunque palese, l’intervento dello Stato nel crimine è avvenuto sia nelle azioni (la presenza di esercito e polizie durante i fatti), sia per omissione, ovvero ciò che avrebbe potuto fare, e che non ha fatto per proteggere o ritrovare gli studenti. E il cinico discorso di Peña Nieto non è nient’altro che l’estremo tentativo di soffocare la verità e di cercare di sfuggire alle proprie responsabilità.

È terribile da dire ma la partita ormai si gioca sul consenso. Solo in malafede si può credere alla tesi ufficiale. Per quanto tempo ancora Peña Nieto, e più in generale il potere, riuscirà a a far prevalere la tesi sbugiardata scientificamente? Per quanto tempo ancora saranno ritenuti responsabili solo i gruppi criminali e quattro mele marce negli apparati di polizia ed esercito invece di ritenere responsabile un intero sistema fondato sul crimine, il sopruso, la violenza e lo sfruttamento? Perché in Messico è di questo che parliamo: Ayotzinapa è importante perché, come detto prima, è un simbolo, perché dietro ai 43 ci sono migliaia e migliaia di giovani, anziani, donne, bambini, medici, operai, professionisti, contadini che puff!, da un momento all’altro sono spariti senza lasciare traccia. Sono oltre 35 mila i desaparecidos ufficiali, ma sono molti, molti di più, se si contano i migranti irregolari o i casi non denunciati dalle famiglie. Il tutto con un tasso di impunità che sfiora il 100%. Il caso Ayotzinapa ha scoperchiato per l’opinione pubblica mondiale il gravissimo problema del rispetto dei diritti umani in Messico. Se un giorno la tesi sostenuta dai genitori dovesse prevalere dimostrerebbe ciò che ormai da molto tempo i difensori dei diritti umani sostengono: il sistema di governo in Messico è criminale e utilizza la violenza, le sparizioni forzate, lo sfruttamento e l’impunità per governare.

In queste ultime settimane sembra che una risposta positiva arrivi dall’alto: il nuovo presidente AMLO, che si insedierà a dicembre, ha dichiarato che il giorno del quarto anniversario sarà presente ad Ayotzinapa per parlare con i familiari. Sembra una decisa inversione di rotta rispetto all’attuale presidente, ma sarà in grado, AMLO, di scalfire così nel profondo questo sistema? Riuscirà a far cadere teste importanti, a ritrovare i 43 studenti e a ottenere finalmente e veramente verità e giustizia? Quel che è certo è che per il momento AMLO non ha nessuna intenzione di rinunciare alla presenza dell’esercito nelle strade, continuando di fatto, in tema di sicurezza, le politiche di militarizzazione del territorio del suo predecessore, principale causa della violenza nel Paese.

Fin qui la lotta per la verità e la giustizia. Non va però dimenticato che la cosa più importante rimane il ritrovamento dei 43 studenti: ogni 26 del mese riecheggia per le strade della grande capitale messicana lo slogan “Vivos se los llevaron, vivos los queremos”. Vivi li rivogliamo, perché sono vivi, perché non si può giocare col dolore di un genitore, non si può chiudere una storia così terribile sulla base di una ricostruzione palesemente falsa e viziata da irregolarità e imbrogli. E perché, la sparizione forzata è un crimine che si perpetua fino a quando la persona scomparsa non viene ritrovata, viva o morta, e come tale deve essere giudicato.

L’unica via d’uscita a questa situazione può avvenire solo dal basso, con l’organizzazione e la lotta quotidiana, senza cedere mai un millimetro, col fiato sul collo di questa preda feroce, insensibile e tiranna chiamata capitalismo, che si nutre di vite sfruttate, violentate e sottomesse. È una lotta contro un sistema di dominio e controllo sociale prima di tutto e non va dimenticato. Sicuramente sarà importante approfittare dei possibili spazi di apertura di questo nuovo governo ben sapendo che, per sua natura e volontà non potrà mai arrivare a sradicare l’ingiustizia perché, anche se progressista o illuminata, la controparte è pur sempre il sistema stesso, ovvero il responsabile di questo e di moltissimi altri crimini e ingiustizie.