Messico

Ayotzinapa, non tutte le piste portano alla verità

di Christian Peverieri

Ormai lo hanno capito anche i muri: lo stato messicano non solo è responsabile della sparizione forzata dei 43 studenti di Ayotzinapa, ma è pure responsabile dei tentativi di nascondere, insabbiare, ostacolare la giustizia. Nonostante questi continui intralci e depistaggi, i genitori dei 43 studenti desaparecidos di Ayotzinapa continuano la loro lotta per ottenere verità e giustizia.

Siamo ormai arrivati a 30 mesi dalla tragica notte di Iguala. In questi trenta mesi il comitato di genitori non ha mai avuto dubbi sulla sorte dei propri figli, tanto meno sui responsabili della tragedia: “Vivos se los llevaron, vivos los queremos” è molto più di uno slogan, è un grido di giustizia, di lotta, di speranza per una vicenda tutt’altro che conclusa. Al tentativo dello Stato di dichiarare chiuso il caso con la “bufala” della discarica di Cocula, i genitori rispondono con un semplice fatto: gli studenti sono desaparecidos da quella notte del 26 settembre 2014, non ci sono prove che siano stati uccisi, perché le prove sono state costruite ad arte dai zelanti servitori del narcoestado. In merito ai responsabili, neanche a dirlo, le controindagini hanno ampiamente dimostrato il ruolo degli apparati statali nella sparizione forzata: esercito, polizia e funzionari istituzionali hanno avuto un ruolo fondamentale nel crimine.

Recentemente l’Alto Commissariato per i diritti umani dell’ONU, ha espresso preoccupazione per le irregolarità commesse dalle indagini della PGR e per la mancata osservanza dei diritti umani nell’ambito dell’inchiesta: in base alla documentazione in suo possesso infatti, risultano numerose persone torturate, detenzioni arbitrarie e violazioni processuali commesse, tra gli altri, da funzionari della PGR (qui il link).

Proprio sulla questione delle indagini nell’ultimo mese si è provocata la rottura tra il Comitato di Genitori e la PGR. In un comunicato dell’8 marzo, l’assemblea dei genitori ha sospeso il dialogo con la PGR perché non offre garanzie circa la risoluzione del caso.


Due giorni dopo si è tornato a parlare del caso a seguito di una protesta messa in atto da Antonio Tizapa (padre di Jorge Antonio Tizapa, uno dei 43 studenti desaparecidos) a New York contro Lopez Obrador, il candidato alle presidenziali di Morena, a cui è stato contestato il fatto di aver avuto in passato rapporti con l’ex sindaco di Iguala José Luis Abarca, implicato nella sparizione degli studenti.

La risposta di AMLO è stata chiara: se si vogliono aver notizie dei desaparecidos bisogna chiedere a Peña Nieto. A tal proposito, il comitato dei genitori ha dovuto prendere parola per chiarire la propria posizione: in un altro comunicato, affermano “come genitori dei 43 abbiamo ben chiaro chi sono i responsabili della sparizione dei nostri figli”, di fatto riconoscendo l’assoluta estraneità ai fatti di Lopez Obrador.


Nei giorni scorsi, sempre a New York, si è tenuta l’attesa udienza della CIDH (Comisión Interamericana de Derechos Humanos) sul caso Ayotzinapa, in cui per l’ennesima volta, l’organo di difesa dei diritti umani del continente, ha ribadito che lo stato messicano deve seguire la linea investigativa prodotta dal GIEI.

La risposta governativa è stata ancora una volta contraddittoria è insoddisfacente: la Commissione parlamentare che segue il caso, pur non prendendo nessuna posizione contro la “verdad historica” di Murillo Karam e contro Tomas Zeron (accusato di aver falsificato le prove nella discarica di Cocula), ha però “concesso” che d’ora in poi prenderà in considerazione “tutte le piste” per risolvere il caso.

La direzione che prenderanno le indagini ufficiali dipenderà molto dalla capacità del movimento di continuare a mettere in difficoltà il governo: fino ad oggi, ogni passo avanti nelle indagini si deve infatti alla mobilitazione e al consenso che ruota attorno al comitato dei genitori. Questa è la pista giusta per giungere alla verità.