Kurdistan

“We can be free together but we can’t be free alone”

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Primo report della Carovana Internazionale per – tratto da Rojava Calling

Primo giorno di Carovana internazionale per l’apertura di un corridoio umanitario verso Kobane al confine turco-siriano. Nel centro culturale Amara e nei campi profughi intorno a Suruç da oggi fino al 16.

Come centri sociali e associazioni, uniti nella campagna Rojava Calling, insieme ad attivisti italiani ed internazionali, organizzazioni di base, rappresentanze di enti locali e parlamentari abbiamo partecipato al primo giorno di Carovana, per costuire una rete ampia e concreta di solidarietà con la Resistenza di Kobane. La città curda è ancora assediata da Daesh ed è costretta alla fame dalla chiusura del confine delle autorità turche, una morsa che tenta di piegare la Resistenza dei combattenti YPG e YPJ e l’esperienza del confederalismo democratico.
Tale esperienza non solo è stata attacata dall’Isis ma anche dal governo turco.
Se da un lato del confine Daesh (Isis) prosegue l’aggressione contro i cantoni del Rojava, in Turchia il governo di Erdogan ha lanciato una nuova offensiva.
Sono moltissimi gli attacchi contro la Resistenza curda da parte del governo turco; ad esempio, nella giornata di oggi è stata attaccata dalla polizia la manifestazione in solidarietà agli abitanti di Cizre, mentre continuano gli scontri a Dyarbakir. E’ di questa sera la notizia che dopo le grandi mobilitazioni di ieri e di oggi, nella città di Cizre è stato imposto un nuovo coprifuoco di quarantotto ore. La città era stata riaperta solo ieri dopo nove giorni di assedio da parte dell’esercito turco, che non ha permesso l’accesso neanche alla delegazione di deputati del HDP (Partito Democratico dei Popoli). Secondo fonti curde le vittime dell’assedio sono 31, tra cui un neonato di 35 giorni, mentre un bambino ha perso la mano a causa di una mina. A Dyarbakir un ragazzino di 14 anni è stato prelevato in strada da una camionetta dell’esercito turco e oggi il suo corpo è stato ritrovato torturato e gettato nella spazzatura. Nonostante le atrocità perpetrate dal governo turco, Erdogan sarà accolto a Milano il 14 per l’inaugurazione della settimana turca ad Expo.
Le realtà milanesi NO EXPO hanno lanciato una manifestazione alle 19:30 in Piazza San Babila.

CAMPI PROFUGHI

Dopo il saluto e l’accoglienza della municipalità di Suruç e dell’associazione delle donne KJA (Free Women Congress), si è svolta nel Centro Culturale Amara la commemorazione delle vittime del 20 luglio scorso, quando un attentato uccise 33 giovani socialisti turchi, impegnati nella ricostruzione di Kobane. Moltissimi profughi siriani, circa 400.000 si sono stabiliti nei campi profughi intorno a Sanliurfa e Suruç. Ne abbiamo visitati 3 che accolgono curdi siriani costretti alla fuga, autogestiti dai profughi, col supporto della municipalità di Suruç impegnata a fornire beni di prima necessità, cibo e infrastrutture. Nel campo dedicato alla martire delle YPJ – ARIN MIRXAN – restano solo 90 delle 470 tende presenti fino a pochi mesi fa. Tra i profughi molti hanno deciso di tornare a Kobane per partecipare alla ricostruzione della città, molti altri sono stati costretti a partire per l’Europa.

Nel secondo campo che abbiamo visitato, dedicato alle famiglie dei martiri, abbiamo incontrato decine di persone che aspettano la restituzione dei corpi dei propri parenti. Circa 600 nuclei familiari hanno usufruito di questa struttura; adesso ne restano circa 90, accolti in container.

Il terzo campo che abbiamo visitato, KULUNCE, fino a poche settimane fa ospitava circa ottomila persone. Ora ne restano alcune centinaia, mentre il campo sta venendo progressivamente smantellato. Ciò non ha impedito, dieci giorni fa, a 200 militari dell’esercito turco di fare irruzione, distruggendo la scuola di lingua curda e l’ambulatorio medico. Nell’operazione un volontario internazionale è stato arrestato con l’accusa di terrorismo e reimpatriato.

I PARTIGIANI DI KOBANE

Il nostro viaggio è poi proseguito a Misanter, piccolo villaggio a poche centinaia di metri da Kobane, luogo strategico nonchè punto di incontro e di supporto alla resistenza per il Rojava.
Lì è stato costruito un piccolo museo, dedicato alle guerrigliere ARIN MIRXAN e KADER ORTAKAYA.
Al suo interno, oltre allo spazio dedicato ai martiri, è stata allestita una biblioteca che accoglie libri donati da attivisti e combattenti.
Nei pressi di Suruç abbiamo visitato un cimitero dove riposano circa sessanta caduti nella Resistenza di Kobane. Assieme a loro sono sepolti anche due delle trentatre vittime dell’attentato del 20 luglio scorso al centro Amara.
Infine siamo stati accolti nel villaggio di Mesher, che lo scorso anno ha ospitato le staffette di Rojava Calling.
Quel luogo che per primo ci ha fatto avvicinare alla lotta delle combattenti e dei combattenti che danno tutt’ora la loro vita per il confederalismo democratico.
A Mesher abbiamo mangiato insieme alla municipalità di Suruç e abbiamo incontrato le rappresentanti di KJA, che ci hanno invitato ad un confronto sull’esperienza delle donne e sul cambiamento del loro ruolo nei villaggi e nelle città del Rojava.

“We can be free together but we can’t be free alone”.

Carovana Internazionale per l’apertura di un corridoio umanitario verso Kobane.

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